Sui passi di San Paolo

Sui PASSI DI SAN PAOLO

Sui passi di San Paolo

Welcome!

Eccoci qui con il diario di bordo dell’esperienza del nostro pellegrinaggio in terra ellenica, nei luoghi dove San Paolo ha lasciato la sua impronta evangelizzatrice. E tale impronta si intreccia armoniosamente con la ricchezza di questo Paese, che sfiora sapientemente la dimensione artistica, culturale, politica e filosofica come in altri pochi posti al mondo.

È il diario delle “scoperte”, perché nonostante ci siamo innamorati – chi più, chi meno – della storia classica greca e delle bellezze di Atene sui libri di storia dell’arte e ‘zappingando’ tra i migliori documentari televisivi, vedere personalmente e ammirare con i propri occhi la bellezza di questa città, i suoi tesori e il suo immenso patrimonio artistico culturale, che è culla dell’umanità e patrimonio del mondo, è cosa ben diversa.

Grecia 2024 – Sui passi di San Paolo
GIORNO 5: FILIPPI

La tappa principale oggi è Filippi, nella regione della Macedonia. I nostri pellegrini stanno compiendo un percorso inverso rispetto a quello di San Paolo per il quale Filippi è stata la prima città europea dei suoi viaggi di evangelizzazione. Paolo si ferma a Filippi in seguito a una visione e ne coglie il messaggio. Qui avviene la conversione di Lidia, la prima donna del luogo che si fece battezzare insieme alla sua famiglia. Sono effettivamente i primi battezzati ‘europei’.

A Filippi San Paolo libera anche una giovane schiava  impossessata da uno spirito maligno che le fa predire il futuro, fonte di guadagno per i suoi padroni. Paolo la libera in nome di Gesù, lo spirito va via da lei ma i suoi padroni, avendo perso una fonte di guadagno, conducono Paolo e Sila dinanzi ai giudici e li fanno arrestare, dopo averli fatti condannare alle bastonate nella pubblica piazza. Fuori dalla città c’era un giardino attraversato da un ruscello, luogo nel quale San Paolo incontra Lidia e la sua famiglia e li battezza: qui il gruppo ha celebrato la Santa Messa del giorno. Un luogo di pace e devozione, dove è possibile trovare diversi gruppi che si fermano in meditazione e preghiera.

Paolo sarà poi imprigionato e legato, liberato dal Signore ed esigerà dai giudici che ne sentenziano la messa in libertà di essere pubblicamente “liberato” nella stessa piazza nella quale lo hanno fatto bastonare. È un segno di intelligenza della fede che il santo lascia nella città: l’ufficializzazione del credo, che darà frutto a una comunità cristiana unita e fiorente, affidata da Paolo stesso alla cura di Lidia e di altre donne.

I resti dell’antica Filippi, chiamata così da Filippo II di Macedonia, padre di Alessandro Magno, sono una testimonianza archeologica importante e suggestiva, che rivela il ruolo strategico della città sin dalla sua fondazione. Distante 300 km dalla Bulgaria e poco più di 400 km da Costantinopoli, Filippi diviene un avamposto importante dell’impero romano, con le sue mura imponenti e famosa per la battaglia di Filippi, che vede vittorioso Ottaviano Augusto contro Bruto e Cassio, gli assassini di Cesare.

Tra i segni stilistici più noti, nella basilica dominano le colonne con capitello corinzio, accolte anche dalla chiesa per il significato simbolico delle foglie di acanto legate alla morte e alla resurrezione.

Da qui passa la via Egnazia che parte da Durazzo, probabilmente come prosecuzione oltre mare della via Appia, e conduceva verso oriente.

Pranzo in un tipico locale sul porto e via verso Salonicco, dove si rientra per la serata.

GIORNO 4: METEORA

Pace con sé stessi e con il cielo.

Al quarto giorno di viaggio i nostri pellegrini fanno tappa a Μετέωρα (‘meteora’ che alla lettera significa ‘sospeso in aria’), importante centro della chiesa ortodossa a margine della pianura della Tessaglia.

E si sale anche oggi.

Prima al monastero di Varlaam e poi in quello di Santa Barbara.

L’impatto qui è notevole, la vista si allarga sull’orizzonte e in altezza. Su lunghi pinnacoli naturali, forgiati dall’antico mare che lambiva la Tessaglia, sorgono monasteri secolari che sembrano un tutt’uno con la roccia. La leggenda vuole che il primo sia stato fondato da Sant’Atanasio, portato in cima sulle ali di un’aquila. È un luogo nel quale la natura e l’uomo hanno “collaborato” in armonia creando, con il lavoro paziente di secoli, strutture perfettamente incastonate sui costoni rocciosi.

E lasciandosi guidare dalla suggestione, è facile immaginare la vita dei monaci di un tempo, scandita dalla preghiera, dal digiuno e dal silenzio, dal lavoro e meditazione.

Oggi i monasteri attivi sono sei e si sono aperti anche a comunità monastiche femminili.

All’interno dei monasteri non è consentito fare foto ma immaginatene la ricchezza di arte di ispirazione bizantina, i dipinti, la foglia oro che brilla sui rossi e sui verdi, gli ex voto, le rappresentazioni iconiche dei santi, storie raccontate per sequenze di immagini.

E nel frattempo, tra uno scalino e l’altro, si rafforzano le relazioni che già c’erano e si fanno nuove conoscenze. Ognuno condivide a suo modo la propria esperienza e il desiderio di viaggiare, di conoscere. Si prega. Ci si scambia opinioni e punti di vista. A volte ci si scambia silenzi, importanti anche quelli.

Anche questo è un “salire”, appunto. Verso l’infinito.

GIORNO 3: L'ACROPOLI

‘Salire’ è stato il filo conduttore della giornata. Sole e tanta umanità – intesa come numero di persone – sono stati invece gli elementi che hanno reso il percorso di oggi più intenso.

Prima e unica tappa del giorno, l’Acropoli di Atene. Alla base il museo, disegnato con tratti di architettura moderna, che accoglie statue e opere originali ritrovate sull’Acropoli. Qui i nostri pellegrini hanno ascoltato le diverse vicissitudini che hanno coinvolto l’Acropoli nei secoli scorsi: gli antichi splendori del passato, la preziosissima e gigantesca statua di Atena scolpita da Fidia e immaginata secondo la descrizione di Tucidide, il depauperamento effettuato dai cristiani e la trasformazione in chiesa, l’influenza della dominazione turca, i bombardamenti dei veneziani e le moderne opere di restauro attuate da milionari del più ricco occidente.

Quello che si vede oggi del Partenone, il tempio dedicato alla dea Atena vergine, seppur nel suo fascino, è solo una piccola essenza della magnificenza con cui il monumento si presentava ai popoli del passato. Qui, in occasione dei festeggiamenti annuali in onore della dea, si radunavano migliaia di persone di ogni ceto sociale. Sacrifici animali erano offerti alla divinità e, per una settimana, era incessante l’alternarsi di giochi, competizioni di atletica, banchetto, feste.

Per salire al Partenone, il percorso si snoda lungo la rocca, tra scalini e selciati, per un’altezza totale pari a un palazzo di diciassette piani.

L’ingresso al sito archeologico è monumentale. I Propilei, con le loro maestose colonne, accolgono i visitatori nella zona “santuario” dove si erge subito alla vista il Partenone.

Suggestiva anche la vista dell’Eretteo, il tempio dedicato ad Atena ‘protettrice’ con la Loggia delle Cariatidi, raro esempio di eleganza femminile, donne prigioniere condannate a sostenere il peso del soffitto per sempre.

E dopo una lunga visita sotto il solleone di luglio, segue la discesa, con gli occhi puntati all’orizzonte, immaginando quanta vita pullulasse nello stesso luogo centinaia di secoli fa, nel pieno del suo splendore.

Pranzo tipico in trattoria e via, si parte per le Meteore, che saranno la tappa del prossimo episodio. 

GIORNO 2: CORINTO

Evocare Corinto richiama subito Paolo e le sue lettere. In questa città, accolto a casa di Aquila e Priscilla nella quale lavora nella stessa ‘azienda’ di tendaggi dei due coniugi, Paolo si ferma per diciotto mesi. È questa una comunità molto particolare, attiva e vivace, con la quale il santo intratterrà una relazione epistolare scrivendo due (probabilmente molte di più) lettere, dopo aver saputo di alcuni dissidi interni tra i componenti. Situazioni umane che nel corso dei secoli si ripropongono.

Crocevia di gente e attività commerciali, Corinto con il suo canale navigabile consentiva alle navi di evitare il giro del Peloponneso per spostarsi dal mar Ionio all’Egeo, e lo fa ancora oggi.

 

E proprio qui Paolo si esprime a proposito di diverse tematiche e situazioni, partendo da esperienze concrete che ne caratterizzavano il tessuto sociale: la questione femminile, la schiavitù, la sessualità, temi importanti e ancora contemporanei.

 

Il sole, le cicale e il caldo hanno segnato il percorso dei nostri pellegrini tra i resti archeologici dell’antica città, cuore commerciale pulsante del Peloponneso. Dalla “bema”, dove Paolo fu assolto dal proconsole e da dove parlava alla gente, all’agorà e diversi templi, qui sembra che il tempo si sia fermato, come queste calde giornate mediterranee di luglio durante le quali non spira un filo di vento. Brezza che invece è decisa sul ponte del canale di Corinto, antica opera di alta ingegneria, strategico per commercio e navigazione. Uno sguardo a oriente e uno a occidente, un filo di terra navigabile che separa Egeo e Ionio, un ponte simbolico tra vecchio e nuovo, punto di partenza per il mondo conosciuto di allora al quale anche Paolo si apre, annunciando Cristo a tutti.

 

Il viaggio nella storia ha condotto i pellegrini nel pomeriggio a Micene, sui resti dell’antica tomba di Atreo, padre di Agamennone e Menelao, luogo dal quale Omero racconta siano partite le navi degli Achei per la guerra di Troia. Ed infine passeggiata turistica a Nauplia, affascinante borgo in Argolide dai contorni tipici delle località costiere elleniche.

GiORNO 1: ATENE

In questo primo giorno di racconto, la meta è Atene. Percorsa sotto il caldo umido di una soleggiata domenica di luglio, la capitale greca si è preannunciata in tutta la sua speciale bellezza già nel sonnecchiante arrivo mattutino del gruppo in pullman. Con i suoi quattro milioni e mezzo di abitanti e, cosa ancora più particolare, i suoi 35 km di diametro di estensione, Atene si configura da subito una città accogliente e tipicamente mediterranea, apparentemente non molto diversa dalle nostre tipiche e affollate città del sud, che lascia scivolare il visitatore nel suo ventre mescolandolo con i propri abitanti. E dopo una breve visita panoramica ai monumenti moderni, tra cui l’Altare della Patria per il tipico cambio della guardia della domenica mattina, la prima tappa è stata l’Areopago, il cuore pulsante della polis. L’impatto all’ingresso è forte. Tra il frinire delle cicale, ulivi, ghiaia e un sole accecante, la vista si sofferma sui resti archeologici di colonne, statue, pavimenti e percorsi e la mente fantastica su come potessero essere quei luoghi animati e vissuti nei secoli scorsi. Camminando tra i portici, come abbiamo immaginato facessero Socrate a braccetto metaforico con Aristotele e Platone (ehi, lo sappiamo che non erano propriamente contemporanei), a un certo punto si erge una voce: cosa c’entra San Paolo con tutto questo?

E abbiamo scoperto che i Greci erano “furbetti” in fatto di divinità, o assolutamente inclusivi, dipende dai punti di vista: l’altare del dio ignoto era quello dedicato a eventuali divinità dimenticate, così per non offendere nessuno. Ed è lì che San Paolo ci insegna, a distanza di duemila anni, che l’evangelizzazione si fa con il linguaggio dell’interlocutore. E che quel dio ignoto che gli ateniesi adoravano per non scontentare nessuno, per San Paolo diventa il Cristo, figlio di Dio, nato, morto e risorto per tutti.

Al Museo Nazionale ci siamo meravigliati davanti ai tesori che la guida ci ha sapientemente presentato, lungo un percorso tematico focalizzato sulla grandezza della cultura greca classica e sulla sua evoluzione rispetto alle culture precedenti. Gli antichi artisti ellenici inventano la tecnica della cera sciolta per le statue di bronzo, definiscono i canoni della bellezza perfetta nel V secolo che saranno ripresi dai nostri artisti in epoca neoclassica, si rivelano cultori del benessere fisico e mentale delle persone, sono aperti alla conoscenza e al dinamismo dell’uomo che, per la prima volta, viene raffigurato con il piede in avanti, proteso verso il mondo. Esprimono amore e bellezza in ogni forma artistica. Ed è proprio all’uomo “nuovo” rappresentato dai Greci che San Paolo annuncia la Lieta Novella, che non è solo del popolo eletto ma di tutti, senza distinzioni.
San Paolo ci insegna che si può annunciare il Vangelo in tanti modi, ognuno con il suo, che la bellezza è dono di Dio, che la complessità della mente umana e delle sue tante espressioni è anch’essa dono di Dio, che l’arte è un linguaggio universale sublime che tocca il cuore in modo più diretto e completo delle sole parole.

E il viaggio continua…